I treni

Fra le cose che mi mancano di più del lavoro (beh, a parte il lavoro in sé) ci sono i viaggi in treno.

Percorsi quotidiani per interpretariati di settimane vicino a casa, o viaggi lunghissimi per raggiungere un nuovo luogo di lavoro, una nuova città, nuovi colleghi.

Neppure i ricordi di ritardi fantasmagorici, di coincidenze perse, di vagoni con temperature polari d'inverno o di saune estive riescono a scalfire la nostalgia.

Quasi, mi mancano persino le sveglie all'alba.

Mi mancano i cappuccini di soia al bar della stazione, mi mancano i tanti libri letti nelle sale d'attesa (e ora che ne avrei il tempo, non riesco a mantenere la concentrazione necessaria per terminare un romanzo).

Probabilmente la quarantena forzata mi ha reso un po' sentimentale, se tendo a scordare le prove di sopravvivenza a cui troppo spesso le ferrovie regionali sottopongono i pendolari.

Ma il viaggio in treno, per lavoro o per diletto, ha sempre avuto ai miei occhi un'aura quasi romantica, ed avventurosa. Non per niente, da studentessa universitaria percorsi la Cina in lungo e in largo in treno (e ho visto cose...) e a poco più di vent'anni sono tornata dalla Cina in Italia con la mitica Transiberiana.

Non so quando sarà ancora possibile, e in che modo, viaggiare in treno. Mi auguro che non diventi un privilegio per pochi, con costi del biglietto altissimi per bilanciare il minor numero di passeggeri. 

Oggi però c'è un bel sole, e voglio essere ottimista. 

Mi voglio figurare su un sedile - finalmente pulito! - vicino al finestrino, in viaggio verso qualche luogo di questo piccolo pianeta su cui siamo capitati, e che spero avremo imparato a percorrere con piede leggero e rispetto, alla fine di questo delirante periodo.

(come dicevo, oggi voglio essere ottimista...)